30 Ago Il Cuore della Tecnologia per la Salute
In questo appuntamento del mese di agosto ho deciso di tralasciare l’aspetto tecnologico della sanità elettronica e di guardare a quello che è il cuore pulsante della tecnologia a supporto della salute e della Biomedica:
il desiderio di aiutare l’altro.
Qualunque ingegnere biomedico, che sia ricercatore, progettista o analista dei processi sanitari è mosso dalla volontà di ingegnarsi per trovare un rimedio ad un dato problema di salute.
Ho sempre immaginato qualsiasi dispositivo per la salute non solo come una complessa ed intricata rete di chips bensì come un oggetto animato da un proprio cuore: il cuore di chi lo progetta.
Il sogno comune, e tutto biomedico, è quello di far sì che qualunque disabilità intacchi il meno possibile la quotidianità di chiunque.
Ed è proprio una tecnologia che aiuti il paziente nella vita di tutti i giorni, alleviando il più possibile i disagi che una malattia comporta, lieve o grave che sia, non perdendo mai di vista il valore insostituibile dei rapporti umani, che vogliamo, noi di WeWomEngineers.
Vien da sé, tuttavia, che tale tecnologia perde di efficacia se non affonda le proprie radici in un terreno alimentato dal rispetto della disabilità e di chi è “diversamente” abile.
Basta guardarsi intorno, nel proprio paesello o nella propria megalopoli, per rendersi conto di quanti ostacoli siano fisicamente presenti per chi, magari, non può camminare con le proprie gambe o non può vedere con i propri occhi.
Ostacoli innumerevoli ed evidenti.
Tra questi, il più insormontabile e doloroso per chi abbia delle disabilità è l’unico ostacolo non visibile:
la superficialità nei confronti dei Diritti dei “diversamente abili”.
Una superficialità, ormai, ingiustificabile e, direi, da voltastomaco nel XXI secolo!
E’ in questo scenario che prendere il treno, azione per noi assolutamente scontata, per un ragazzo disabile diviene un desiderio.
Desiderio talmente sentito che, nel 2014, Iacopo Melio lancia l’hashtag #vorreiprendereiltreno, divenuto dopo poco virale, proprio allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica.
A questo è seguita la fondazione di una ONLUS diventata un punto di riferimento nazionale per la disabilità.
Iacopo, che convive con una malattia genetica rara, ormai personaggio pubblico, è stato tra le persone più disponibili che abbia mai conosciuto.
Una vera lezione di vita chiacchierare con lui e più che un “diversamente” abile lo definirei un “ulteriormente” abile.
Sì, perché le ruote della sua carrozzina sono delle vere e proprie ali che gli consentono di volare con l’immaginazione e con il cuore, donandogli la capacità di cogliere la bellezza in ogni piccola cosa.
Dunque, vi lascio alle parole di Iacopo
♦”Vivo con le ruote per terra ma faccio dei salti altissimi!”.
Questa la frase che domina la home del tuo sito ufficiale. Frase che parla da sè ma che, allo stesso tempo, ritengo meriti di essere approfondita.
È una frase che dico spesso per descrivermi e che ho voluto rendere un po’ la bandiera di ciò che sono. Ma è, soprattutto, uno stimolo verso gli altri oltre che un promemoria per me stesso: nonostante gli ostacoli che ci possono essere sulla strada di qualcuno, nonostante alcune zavorre cercheranno sempre di “piantarci a terra” (le carrozzine sono sempre viste come limite e impedimento e mai per quel che sono, ovvero uno strumento per consentire a noi disabili di spostarci e quindi essere liberi), ognuno di noi ha delle abilità che permettono, se non fisicamente almeno idealmente, di fare dei salti altissimi. E poi comunque ci sono sempre i sogni, fondamentali propulsori!
♦Leggendo la tua Biografia, mi ha particolarmente colpita la frase
“Invece di saltarli, gli ostacoli, abbracciateli”.
Nello specifico, cosa intendi con ciò?
E parlando di ostacoli, cosa hai provato quando hai scritto l’hashtag #vorreiprendereiltreno divenuto, poco dopo, virale?
Significa imparare ad accogliere le proprie difficoltà e i propri punti deboli, e così facendo, dopo averli accolti, riusciremo a trasformarli in punti di forza, sovvertendo la prospettiva. Perché quando cambiamo il modo di vedere le cose, le cose che vediamo cambiano davvero: vivere la vita convinti che il bicchiere sia mezzo vuoto non porta a niente, anzi, ci tira ancora più in basso. Né tantomeno serve saltare gli ostacoli o girarci intorno, per evitarli. Le cose vanno affrontate di pancia, belle o brutte che siano, perché permettono di crescere.
E così, cresciuto e più consapevole, mi ha reso appunto #vorreiprendereiltreno, iniziato con un articolo con tanto di hashtag per pura e casuale provocazione, ma che quando ho visto crescere e diventare virale, grazie alla risposta e condivisione di tante persone, ho capito quanto riguardasse un problema comune e quanto le persone fossero pronte e volenterose di cambiare le carte in tavola.
♦È noto che il tuo attivismo sia rivolto all’abbattimento delle barriere, oltre che architettoniche, culturali. Qual è la barriera che hai riscontrato essere più insormontabile di tutte?
L’ignoranza e la superficialità di chi non si rende conto che la disabilità non è una questione che riguarda pochi, ma che coinvolge tutti, direttamente o indirettamente. Dobbiamo far capire alle persone che quando si svegliano la mattina hanno un potere enorme: scegliere di essere un aiuto per gli altri, ma anche un ostacolo per gli altri, ad esempio parcheggiando la macchina sui marciapiedi o nei posti riservati ai disabili senza averne l’autorizzazione. È questo che dobbiamo prima di tutto cambiare, la mentalità delle persone.
♦Tra i tuoi numerosi e toccanti post di facebook, riporto, in parte, questo:
“Una carrozzina è un oggetto che spaventa. Ci pensavo ieri sera, sotto al portico di casa mia, bevendo una bibita fresca perché qui fa un caldo pazzesco. Non so da voi.
Non potete immaginare quante persone abbiano paura a rapportarsi con una carrozzina. Addirittura, ci sono mamme che allontanano i loro figli perché toccare una sedia a rotelle o provare a salirci sopra, come spiegano loro con il tono rigoroso di Piero Angela, “porta male”. Sì, suona da Medioevo eppure non lo è.”
Volendo fare una valutazione della tua carrozzina? Quali i pro ed i contro?
Come descriveresti le tecnologie Biomediche?
Le carrozzine non sono mai un problema come non lo sono due stampelle o un impianto cocleare. Tutto ciò che permette alle persone di essere liberi e di poter fare ciò che fanno gli altri non è certo un impedimento, anzi, è uno strumento di libertà.
Il vero problema e l’unico contro sono le barriere architettoniche e sociali che rendono questi strumenti, e gran parte delle tecnologie biomediche, inutilizzabili. Dobbiamo per questo iniziare a pensare ad un Paese non tanto “su misura di disabili”, ma “su misura di tutti”. Perché in fondo, un domani, anche una persona che oggi è abile potrebbe esser costretta ad utilizzare certi ausili… anche solo a causa della vecchiaia!
♦Il fine ultimo dell’Ingegneria Biomedica è quello di realizzare una tecnologia di supporto a qualsiasi problema di salute ed in modo personalizzato. Quanto si è lontani da tale obiettivo?
Al momento non penso sia troppo lontana la tecnologia personalizzata. Già strumenti come smartwatch ed altri supporti indossabili iniziano ad essere tarati sul singolo utente. Il problema è l’abitudine delle persone e i servizi in sé.
Ecco, è la base che manca, al momento. Però qualcosa si sta muovendo grazie anche a tanta sensibilizzazione e speriamo si possa presto arrivare a risultati più concreti.
♦Uno dei principali problemi che si riscontra in una malattia invalidante è, evidentemente, il rapporto con la malattia stessa e l’affrontare l’intero processo di cura. Ritieni che la tecnologia possa aiutare in questo? Pensi che una Medicina Narrativa, che si serva della tecnologia per migliorare il rapporto medico-paziente e per facilitare il confronto tra i vari pazienti, possa essere un valido supporto?
Certamente. Ogni strumento che agisca sulle emozioni e sulle relazioni tra persone, creando una sorta di community (reale o virtuale che sia) tra chi condivide un qualcosa, possa aiutare ad accrescere sia un senso di appartenenza positivo sia a far sentire meno soli, che si tratti di un rapporto orizzontale tra pazienti o che si tratti di una relazione verticale con i medici. Quando diamo supporto psicologico anche il fisico ne giova.
La profondità e la forza delle parole di Iacopo costituiscono il Cuore della Tecnologia a supporto di qualunque disabilità.
Un Cuore che può davvero pulsare solo se tale tecnologia è sostenuta dal rispetto vero e sincero della disabilità.
Noi ingegneri biomedici di WWE sosteniamo una Tecnologia che possa, sempre più e sempre meglio, supportare un qualsivoglia deficit in un clima di profondo e sacrosanto Rispetto dei Diritti di chi di tale tecnologia necessita.
Con l’hashtag #RespectIsaStateOfMind
e con la speranza che ciò, presto, si concretizzi
Vi do appuntamento alla prossima,
Giusi ♠
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