23 Nov II Meeting Nazionale AiSDeT, 26 novembre – PNRR: La spinta alla ricerca. Dall’Intelligenza Artificiale alla Smart Health
Come operare per cogliere a pieno la spinta propulsiva del PNRR al mondo della ricerca, con particolare riferimento agli ambiti della salute, della sanità digitale e delle tecnologie ad essa correlate (dall’intelligenza artificiale alla Smart Health, dalla robotica alla sensoristica avanzata) sarà il tema al centro dell’incontro “PNRR: La spinta alla ricerca. Dall’Intelligenza Artificiale alla Smart Health”, in programma il 26 novembre alle ore 11.50.
L’appuntamento si inserisce nel programma della giornata conclusiva del secondo meeting nazionale AiSDeT, dedicata alla resilienza del Servizio sanitario e alle scelte necessarie per il futuro. All’incontro parteciperà Manuela Appendino, ingegnera biomedica Bioeticista e Presidentessa WeWomEngineers.
“Il meeting AiSDeT rappresenta un’ottima occasione di incontro per una riflessione comune e condivisa sulle opportunità offerte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, non solo in termini di risposte immediate alla crisi legata all’emergenza, ma anche (forse principalmente) sulla possibilità di un profondo rinnovamento strutturale del sistema Italia. Questo richiede uno sforzo da parte di tutti gli attori coinvolti, nel saper cogliere i punti di forza del piano ma anche nel superare le criticità evidenti, da non sottovalutare” – dichiara Appendino, anticipando alcuni degli argomenti oggetto del suo intervento al meeting.
“Considerare oggi il PNRR in sanità come un trampolino di lancio significa, in particolare, investire sulla trasversalità delle competenze e sulla rimodulazione del mercato nazionale in Healthcare. Su questo, è importante identificare alcune criticità che devono assolutamente essere superate sin da queste prime fasi di impostazione della strategia di attuazione del Piano” – aggiunge.
“Sentiamo parlare della classificazione delle missioni, ma è forse importante individuare i gap emergenti. È il momento di operare una riflessione comune su come interagire e fare rete in modo trasparente e chiaro con i Ministeri, andando a attuare una riforma sanitaria strutturale, orientata a obiettivi chiari, accompagnata dalla verifica dell’efficacia delle soluzioni messe in campo, che non metta solo al centro “soluzioni” ma che guardi alle competenze sostanziali: competenze non solo di carattere sanitario ma di carattere tecnico-ingegneristico, manageriali, informatiche”.
“Se guardiamo al mercato e all’adozione delle soluzioni innovative di telemedicina – aggiunge Appendino – occorre avere ben chiari obiettivi, modalità, requisiti e elementi identificativi di un prodotto che sia adatto all’adozione da parte di medici e pazienti: parliamo della fattibilità delle potenziali soluzioni presentate, del livello di ingaggio delle utenze, sia sanitarie che non (pazienti), fino alla valutazione dell’effettiva usabilità dei prodotti.
Più che concentrarci sul potere innovativo delle specifiche soluzioni, oggi appare più urgente concentrarci sul rispetto di requisiti e normative, sulla “certificazione delle soluzioni” o sulla regolamentazione dell’accesso alle reti internet ospedaliere, necessario per garantire il necessario aggiornamento dei prodotti e delle soluzioni innovative adottate dalla struttura: quest’ultimo punto, tutt’altro che banale, rappresenta ancora oggi un ostacolo che comporta la dilatazione dei tempi di implementazione delle soluzioni più avanzate, a discapito dell’efficacia di ogni azione di innovazione. Inoltre, occorre promuovere e stimolare maggiormente la partecipazione e l’accesso al mercato da parte delle piccole e medie imprese innovative”.
Quali sono, dunque, i possibili rischi più evidenti legati a una cattiva gestione di questa fase? “La mia sensazione – risponde Appendino – è quella di un potenziale irrigidimento nella gestione dei fondi: a fronte delle molte risorse destinate alla sanità, non abbiamo costruito in modo trasparente una cabina di regia che tenga in opportuno conto fattori quali la molteplicità dei profili tecnico professionali, delle competenze digitali e informatiche specifiche per la sanità, la molteplicità di aziende e soluzioni ipotizzabili e la frammentazione regionale nella ristrutturazione di soluzioni coerenti con la Mission 6”.
“Se guardiamo alla sanità digitale di domani – continua Appendino – dobbiamo essere consapevoli della necessità di lavorare su due livelli: il primo legato alla tecnologia, al mercato e alle tante regole che ne sistematizzano l’adozione. Il secondo fattore è quello umano e legato alle persone, alle professionalità in campo, ai pazienti e alle loro famiglie: lavorare sul primo punto significa avere il coraggio e assumersi la responsabilità di segmentare il mercato dell’Healthcare, frazionarlo sulla base delle esigenze effettive territoriali e legate alle patologie, guidarlo nell’accompagnare e incontrare i bisogni dell’utenza (e non il contrario); a livello umano, invece, fare innovazione significa creare una rete operativa, concreta, animata e promossa da persone vere, professioniste e professionisti che mettono in campo le proprie competenze e la loro esperienza al servizio di progetti innovativi per la società: persone che abbiano in chiaro che non “tutte” le idee in sanità funzionano, che non tutto passa attraverso il palco della “sensazione” e che invece occorre essere capaci di individuare le giuste soluzioni nei contesti specifici, focalizzandole sul miglioramento reale dei processi dove necessario, superando la logica dell’innovazione per “adempimento”.
Quest’ultimo punto, in particolare, è molto importante: la digitalizzazione, in qualsiasi ambito pubblico, deve essere strumento e occasione di semplificazione, non una mera trasposizione informatica di processi standard, che anziché accelerare rallenta o duplica tempi di lavoro e l’esecuzione dei processi”.
“Oggi il PNRR ci indica la strada da percorrere, definendo obiettivi, carenze strutturarli da appianare, limiti da superare, ambizioni da perseguire; il piano ci obbliga a definire i tempi e le modalità di azione e quali siano i partner insieme ai quali affrontare le sfide dei prossimi anni, definendo con chiarezza in che modo la telemedicina stia trasformando il paradigma stesso di medicina: non è una moda, né tantomeno un progetto a breve scadenza. Si tratta di un cambiamento radicale che, per essere perseguito con successo in tutta la sua ampiezza, necessita di una definizione condivisa delle tappe intermedie e della mappatura del “come” si debba arriva al risultato collettivo”.
Un’ulteriore riflessione interessa le iniziative destinate alle risorse umane e alle imprese: “le risorse umane sono la vera prima emergenza da considerare e da ri-formare, identificando nel piano di azione tutti i profili professionali coinvolti, non solo sanitari quindi ma anche tecnici esperti nelle aree ICT, ingegneria clinica e ingegneria biomedica, management e comitati etici e bioetici. Il ruolo di primo piano delle aziende rappresenta poi la vera seconda emergenza: senza le aziende in grado di traghettare le esigenze comunitarie non si può pretendere o immaginare che sia possibile una vera riforma di innovazione del comparto nazionale della salute.
Su questo, le azioni in ambito di procurement innovativo sono particolarmente importanti, cominciando da una chiara identificazione degli attori committenti/appaltatori, delle tipologie di PMI presenti in Italia ed infine della Tipologia di Ente di ricerca per l’innovazione (sulla base di un elenco suddiviso in base alla tipologia di Mission). Questo richiede di identificare tre elementi: risorse umane, committenti e appaltatori”.
Un’ultima riflessione riguarda, infine, la necessità di muoversi in un regime di trasparenza in materia di efficacia e risultati raggiunti dal piano: “Il PNRR mette a disposizione per la Missione Salute 15,6 miliardi di euro per la creazione di infrastrutture e per l’innovazione di strumenti digitali per il rafforzamento della telemedicina; nel Decreto 6 agosto 2021 viene chiarito che per la digitalizzazione saranno disponibili 10,4 miliardi di euro.
Su questo punto, è opportuno segnalare come la progettazione di prodotti per la digitalizzazione della sanità e della telemedicina sia in realtà un trend in atto già da molti anni, durante i quali non sono mancate criticità, dispendio di risorse, moltiplicazione delle soluzioni adottate. Non tutte le soluzioni e le tecnologie sviluppate si sono rilevate idonee e appropriate a un utilizzo su larga scala, né progettate nella logica della interoperabilità.
Su questo punto, è importante andare oltre le prescrizioni del PNRR richiedendo una definizione chiara di chi potrà accedere a questi fondi e di quali siano le competenze necessarie per poter partecipare alla definizione degli strumenti da sviluppare, sulla falsa riga di quanto richiesto per l’attivazione di accordi con Università, centri di alta formazione e ordini professionali per favorire la selezione e l’assunzione rapida dei migliori profili specialistici”.
“Per questo – propone Appendino – sarebbe opportuna l’adozione di strumenti volti ad assicurare la trasparenza sull’efficacia dell’attuazione del piano, come ad esempio:
– un “sito web” informativo dedicato al monitoraggio sull’erogazione dei fondi, procedendo in modo proporzionale regione per regione, indicando tra i criteri le singole regioni beneficiarie, che segua la spesa fino all’installazione e al collaudo del prodotto;
– valutazione delle motivazioni concrete sulla richiesta dei fondi;
– definizione di un iter chiaro e trasparente per la presentazione dei progetti e per la scelta del partner operativo. Ad esempio, oggi non sono ancora chiari i criteri su chi possa presenta progetti, quali competenze siano richieste e soprattutto, con chi si andrà a lavorare: saranno gli stessi player che oggi detengono la quota maggioritaria del mercato o si aprirà le porte anche a soggetti piccoli e medi, che sono poi spesso i primi, veri innovatori?”.
“Concludo – dichiara Manuela Appendino – con una piccola provocazione: la sanità digitale deve privilegiare la cura o la prevenzione?”
By Asidet
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