CYBER-PHOBIA. Quando la finzione ti rende bella?

CYBER-PHOBIA. Quando la finzione ti rende bella?


Dopo la piccola proiezione nel futuro con i precedenti due articoli sul VisionaryDays (qui e qui), si torna al presente, al vero cuore della mia rubrica: la Robotica, intesa come difficile e controversa relazione uomo-robot. Più precisamente, parliamo di cyberphobia e si torna al passato: sono infatti trascorsi numerosi mesi da quando scrissi il pensiero sopra riportato, inizio di una bozza, probabilmente la prima concreta idea di un mio articolo da condividere.


Come nasce questo articolo?

Anche coloro che sono “allergici” ai social network o che non seguono programmi TV inerenti concorsi di bellezza avranno sentito parlare della coraggiosa candidata a Miss Italia 2018, che ad inizio autunno ha fatto tanto chiacchierare il pubblico per le sue gambe. Non intendo affrontare e/o commentare i numerosissimi giudizi che hanno invaso il mondo digitale, bensì vorrei concentrarmi maggiormente su ciò che davvero ha reso questa concorrente diversa dalle altre, prima tra tutte le candidate miss della storia. Chiara Bordi, 1.75 metri di bellezza tutta all’italiana, capelli lunghi e scuri, sorriso ammaliante e sicuro. Segni particolari: una protesi transtibiale alla gamba sinistra, terribile conseguenza di un incidente in motorino.


Quali sono i canoni di bellezza a cui siamo abituati?

Certo, nessuna ragazza si guarda allo specchio desiderando di avere un arto meccanico. Ma quante donne, anche giovani, ricorrono alla chirurgia plastica ed interventi clinici per migliorare il proprio corpo? Quante sfoggiano il loro nuovo seno o il loro finto gluteo con onore e fierezza? Chi non ha mai impiegato ore e infiniti scatti prima di postare su Instagram una foto con luce/filtro/posa/attimo perfetto? Oggigiorno, la società non acclama la natural bellezza femminile, ricca di piccoli difetti che rendono ogni donna unica e bella nel suo essere. La società punta tutto sulla finzione, mostrando foto ed immagini frutto di clamorosi ritocchi, e spinge le persone a modificare il proprio corpo con protesi (ebbene sì, sono protesi anche quelle per il seno e per i glutei), iniezioni e asportazioni. Quindi, la nostra aspirante Miss è davvero così estranea ai canoni di bellezza odierni?


Facciamo un ulteriore passo indietro…


Nel 1989, con la sua fondamentale opera “Ghost in the Shell”, Masamune Shirow dava il via al franchise ricco di anime, film, videogame e romanzi in cui si racconta di un futuristico e cyberpunk Giappone. La sua fama internazionale prende il sopravvento fin da subito e persevera anche a decenni di distanza. In quel futuro raccontato l’interazione uomo-macchina raggiunge livelli di forte accettazione, a tal punto che risulta comune tra le persone farsi sostituire parti del corpo con organi artificiali e/o protesi. Con quale scopo? Migliorarsi. L’uomo è sempre alla ricerca di miglioramento. Svanisce così la netta distinzione tra uomo e robot, lasciando posto ad una totale fusione tra i due mondi.


Ma perché Cyber-phobia?


Probabilmente oggi questa fusione uomo-robot non esiste, soprattutto in Italia. La paura per il nuovo e per il diverso ha suscitato nella maggior parte delle persone una sorta di Cyber-fobia, un timore per l’avanzamento tecnologico. Viene riconosciuta la forte potenzialità della robotica come supporto dell’uomo, ma è ancora intesa come un elemento esterno, che deve essere controllato e soprattutto limitato. L’idea che “il robot possa sovrastare l’uomo” primeggia rispetto ai concetti di supporto, aiuto, prevenzione, ripristino, miglioramento.


Ma quanto siamo effettivamente lontani dal mondo descritto da Shirow?


Riusciamo davvero ad apprezzare le differenze e le imperfezioni umane o proiettiamo la nostra mente verso un concetto di perfezione e immortalità che vanno oltre la nostra natura? Quali sono i nostri veri fantasmi, che ci occultano la vista e ci impediscono di avere una visione chiara delle cose?


Personalmente quando guardo le foto della tanto chiacchierata aspirante Miss non percepisco ostilità, non provo orrore. Ammiro il suo arto artificiale, intravedo o per lo meno immagino il lavoro e la costruzione che stanno dietro a quel dispositivo robotico finito e funzionante. La tecnologia avanza a tal punto da poter rimettere in gioco e avvicinare persone che sono state vittime di infortuni e sventure: è bellissimo. Chiara è stata oggetto di insulti sul web, ma di certo ha aperto uno spiraglio di cambiamento nella percezione della disabilità e della bellezza.


Ciò che per me è importante, oggi, è che quel giorno la tecnologia ha vinto, facendo un passo in avanti e ritagliandosi un nuovo piccolo spazio, anche tra i concorsi di bellezza. Chiara non ha vinto la corona, e probabilmente è stato un bene perché l’Italia non sarebbe stata pronta per la sua incoronazione. Ma ha comunque vinto, mostrandosi in grado di non demordere di fronte alle difficoltà e di mettersi in gioco. Chiara è diversa dalle altre ragazze italiane, sì, ma per la sua capacità di accettare ed ammirare il proprio corpo, anche con una protesi che di certo non ha desiderato o programmato con il proprio chirurgo di fiducia.


Chiara è la “modella bionica” che ha imparato ad amarsi, ed è questo l’importante.


Concludo, invitandovi a meditare su ciò che rappresenta davvero la bellezza di una persona e ringraziando Giulia per il contributo grafico.

Alla prossima!!!

Elisa

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