E se il Parkinson avesse origine nell’intestino e non nel cervello?

E se il Parkinson avesse origine nell’intestino e non nel cervello?

La mia rubrica nasce di notte, quando tutti dormono e quando le idee e i sogni iniziano a frullare nella testa così velocemente che non riesci più a riposare. Quella notte pensavo a quale sarebbe stata la mia rubrica da curare sul sito di WeWOMEngineers. Ed ecco l’idea: WeSignals.
Come suggerisce il nome, WeSignals è la rubrica dedicata a tutto ciò che concerne il vastissimo campo dei segnali biomedici ma non solo. WeSignals ha il proposito di essere strumento di divulgazione di scoperte scientifiche biomediche, che “segnano” o rappresentano un cambiamento, una modifica di paradigma nel campo biomedicale avendo l’ambizione di colorare le notizie che si trovano nel web, e che si espandono a macchia d’olio, con “critiche”, riflessioni personali, emozioni. WeSignals perché si associ al “segnale” il significato di “segno” nel senso più esteso del termine.

 

E da qui il mio primo articolo:

 

[qodef_custom_font content_custom_font=”E se il Parkinson avesse origine nell’intestino e non nel cervello?” custom_font_tag=”div” font_family=”” font_size=”26″ line_height=”” font_style=”italic” text_align=”left” font_weight=”” color=”” text_decoration=”none” letter_spacing=””]

 

Sono le nuove ipotesi che girano da giorni in ambito scientifico e su tutti i blog in rete come un tam-tam.

 

Un numero sempre più grande di ricerche scientifiche, accrediterebbe questa nuova teoria e in particolare, il gruppo di ricerca del Californian Institute of Technology (Caltech) ha presentato il suo ultimo lavoro, svolto al Society for Neuroscience meeting a San Diego, pubblicando i risultati della ricerca nella rivista Cell.

Grazie alle evidenze dei rapporti di previsione di crescita demografica dell’OCSE (per l’Europa), degli USA, del mondo Arabo e dell’Asia, filantropi e personaggi dello star-system mondiale, stanno spingendo l’attenzione dei media, dei social e il mondo della ricerca, a caccia di soluzioni possibili alle malattie degenerative, come il morbo di Parkinson, l’Alzheimer e la SLA, che sono ormai annoverate tra le malattie più temute di questo millennio appena iniziato.

 

La classe politica di tutte le nazioni ha compreso che la ricerca della soluzione alle malattie degenerative a causa dell’invecchiamento della popolazione è un percorso inevitabile sebbene ancora oggi sia chiaro a tutti che il ritorno economico in termini d’investimenti richiesti è impossibile da stimare.
[qodef_custom_font content_custom_font=”A oggi non ci sono Segnali evidenti.” custom_font_tag=”div” font_family=”” font_size=”24″ line_height=”” font_style=”normal” text_align=”left” font_weight=”” color=”” text_decoration=”none” letter_spacing=””]
Sarà un percorso fatto insieme alle industrie farmaceutiche, robotiche e della riabilitazione. Un percorso già intrapreso sull’onda emotiva dei personaggi famosi del red-carpet senza tenere conto se le tecnologie richieste dagli apparati di diagnosi e cura sviluppati e la loro sicurezza, potranno essere alla portata di tutti o meno.

 

Da quando l’aspettativa di vita nel mondo opulento in cui viviamo è cresciuta in modo evidente, complici la bassa natalità e il fenomeno dei popoli che migrano senza controllo, il concetto di benessere individuale, cioè il poter vivere bene in modo accettabile a qualsiasi età, è ormai considerato dalla maggioranza dei membri di questa società, un diritto dato per acquisito e preteso dal sistema.

 

Il morbo di Parkinson, tra le malattie degenerative, è il meno grave e comunque comunemente associato alla presenza di tremori, rigidezza, difficoltà nel movimento fino alla completa paralisi. Una prospettiva che cambia la vita per sempre a chi ne è colpito.

 

Eppure, secondo le teorie correntemente accreditate, sarebbe causato dalla morte progressiva dei neuroni “profondi” del cervello.

 

[qodef_custom_font content_custom_font=”Oggi sappiamo che non è così e queste ultime notizie stanno tornando a far sperare il mondo intero.” custom_font_tag=”div” font_family=”” font_size=”24″ line_height=”” font_style=”italic” text_align=”left” font_weight=”” color=”” text_decoration=”none” letter_spacing=””]

 

Per ricondurre il Parkinson e la sua prospettiva di cura a una dimensione più vicina alla gente comune di come c’è fatta percepire dal mercato, basta farsi una domanda: “Chi non ha vicino a se un proprio caro che non abbia sviluppato forme croniche di questa malattia ancora sconosciuta, da lievi a gravemente debilitanti?”, è esperienza comune a tutti sempre di più e sempre di più sarà impossibile ignorarla.

parkinson

 

Com’è già stato accertato per l’Alzheimer, è grazie alla scoperta di segni e cause in grado di anticipare l’insorgenza della malattia, un’opportunità dirompente per l’empowerment, che siamo ormai in grado di affrontare l’insorgere della malattia con più serenità. La demenza arriva con le avvisaglie della perdita cognitiva e dell’odorato. Segni elementari che tutti possono testare con tanti anni di anticipo.

 

[qodef_custom_font content_custom_font=”Così, oggi per il Parkinson, al contrario di ciò che siamo stati abituati a credere, sappiamo che non è una malattia degenerativa isolata al cervello. Evidenze scientifiche condotte, per ora solo sui topi, suggerirebbero che la malattia potrebbe avere origine nell’intestino.” custom_font_tag=”div” font_family=”” font_size=”24″ line_height=”” font_style=”italic” text_align=”left” font_weight=”” color=”” text_decoration=”none” letter_spacing=””]

 

Per il principio di cautela, si continuano a usare i condizionali a tutela dei ricercatori, degli editori scientifici delle riviste e dei blogger su Internet. Gli interessi economici in gioco sono tanti e coinvolgono interi segmenti di mercato, per cui si preferisce andare piano con evidenze e soluzioni.

 

Intestino

Il nostro intestino da sempre è stato oggetto d’ipotesi d’interconnessioni dirette di ogni genere di malattia e stato fisico ed emotivo. Sede dell’intelligenza emotiva, oggi è soggetto alle prove strumentali più sofisticate, alla ricerca della correlazione del suo stato, con tantissime malattie sistemiche.
Ad esempio, nel caso dei malati di Parkinson, questi lamenterebbero problemi di stipsi a partire già da 10 anni prima del manifestarsi dei sintomi ritenuti inequivocabili. Per questo la ricerca di evidenze premonitrici in grado di farci combattere efficacemente la progressione della malattia con anni di anticipo è foriera d’indagini autorevoli, i cui risultati oggi sono pubblicati da tutti.

 

Ad esempio: lo studio del gruppo di ricerca del Prof. Sarkis Mazmanian venuto alla ribalta in questi giorni è stato condotto su topi geneticamente modificati, predisposti allo sviluppo del morbo di Parkinson (e in particolare allo sviluppo delle fibre tossiche composte di una sostanza nota come alfa sinucleina).
Senza preoccuparsi dell’adozione o meno di un modello animale, validato per essere altrettanto predittivo nel genere umano, i topi sono stati cresciuti in due tipologie di gabbie: normale (non sterile) e sterile.
Dopo aver osservato lo sviluppo più lento della malattia nei topi cresciuti in gabbie sterili, i ricercatori hanno inserito nelle gabbie i batteri dell’intestino umano di pazienti colpiti dal morbo di Parkinson.

 

Etica a parte, in queste condizioni è stato possibile osservare qualcosa di straordinario per tutto il genere umano. I ricercatori hanno osservato nel gruppo dei topi vissuto in ambiente sterile il rapido svilupparsi, di tutti i sintomi della malattia e il progressivo peggioramento.

 

[qodef_custom_font content_custom_font=”Con metodo rigoroso, è stata data evidenza scientifica del legame tra batteri dell’intestino e il morbo di Parkinson, anche se come afferma il professore Mazmanian “sebbene quanto scoperto rappresenti un importante primo passo, ricondurre il lavoro svolto sui topi a quanto accade nell’uomo, è un processo molto lungo e necessita di diversi anni di ricerca”.” custom_font_tag=”div” font_family=”” font_size=”24″ line_height=”” font_style=”normal” text_align=”left” font_weight=”” color=”” text_decoration=”none” letter_spacing=””]

 

Tornando alla domanda di partenza, grazie alle tecnologie di imaging funzionale come la PET e la Risonanza Magnetica, i ricercatori oggi sono in grado di iniziare a decifrare il vero cervello che sta nella pancia di ciascuno, influenzando sia l’apparato cognitivo sia quello motorio.

 

Per la realizzazione di questo articolo ringrazio il prezioso contributo del Prof. Alessandro Mazzarisi

 

FONTI:

“Gut Microbiota Regulate Motor Deficits and Neuroinflammation in a Model of Parkinson’s Disease” by Timothy R. Sampson, Justine W. Debelius, Taren Thron, Pernilla Wittung-Stafshede, Rob Knight, Sarkis K. Mazmanian, Cell 167, 1469–1480 December 1, 2016.

3 Comments
  • Alessandro Mazzarisi
    Posted at 12:58h, 08 Dicembre Rispondi

    Auguri per il tuo primo articolo e grazie per la citazione.
    Il tema dei segnali in ingegneria è importante.
    Tutto parte dai sensori che producono segnali e chi meglio dell’ingegnere Biomedico può interpretare i segnali, comprenderne il significatoe guidare i processi. Buon lavoro.

  • Alessandro Mazzarisi
    Posted at 17:25h, 08 Dicembre Rispondi

    November 10, 2016 by michielbdijkstra in Health http://bit.ly/2h7GBLw Probiotics improve cognition in Alzheimer’s Patients – In a randomized double-blind trial, scientists show for the first time that dietary supplementation with daily dose of probiotic bacteria over a period of just 12 weeks is sufficient to yield a small but significant improvement in the cognitive performance of Alzheimer’s patients.

  • Carmen Fontana
    Posted at 17:01h, 03 Gennaio Rispondi

    Io non sono un’addetta ai lavori , ma l’articolo mi è apparso chiaro e fruibile anche da persone con scarso o inesistente bagaglio culturale legato alla scienza medica . Grazie, Chiara
    Ho capito bene che medici, biomedici e tecnici insieme possono dare una notevole spinta alla ricerca e non solo..

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