01 Mar Alice Ravizza ci racconta la sua storia : Flessibilità – lavoro – entusiasmo
#Flessibilità #lavoro ed #entusiasmo bastano come ingredienti per coltivare il proprio percorso di vita?
Oggi, Vi racconto una bellissima storia tutta al femminile!
Vi parlerò dell’ Ing. Alice Ravizza 🙂
A fine gennaio l’ho conosciuta al Bioindustry Park di Ivrea (www.bioindustrypark.eu) e sono rimasta letteralmente rapita dalla sua preparazione, dalla velocità espositiva mista a vivacità ed estrema passione per la sua professione (anche lei è un ingegnere biomedico).
Così ho deciso di proporle un’intervista …( lo ammetto: non pensavo avrebbe mai accettato…invece :))
Vi propongo la versione integrale delle domande (numerate) che ho pensato potessero calzare per lei e per voi ragazzi…
Per me è importantissimo portare delle storie di vita vere, coinvolgenti, nel quale dimostrare come sia possibile oggi e nonostante le innumerevoli difficoltà, costruirsi un proprio percorso di vita sia personale che professionale mantenendo un certo entusiasmo.
La parola chiave che vi dedico è proprio l’Entusiasmo —-> Incontenibile spinta ad agire e operare dando tutto sé stesso
1) Breve Presentazione Alice Ravizza
Bioingegnere laureata al Poli Mi nel 2003, vecchio ordinamento. Ho iniziato a lavorare nell’ azienda di famiglia (Haemotronic, linee per emodialisi e altri dispositivi plastici) nel 2001 come junior QC e R&D. Sono poi passata a R&D e QA ed a ruoli dirigenziali nella sede Italiana dell’ azienda dal 2006 e nella sede Messicana dell’ azienda (Medical Molding and Manufacturing) dal 2008 .
Nel 2012 ho lasciato l’ azienda per motivi personali (nascita della terza figlia) ed ho iniziato a offrire consulenze e formazione come freelance.
Dal 2012 al 2016 sono anche stata esperto tecnico e auditor per un Ente Notificato, ma è stata una esperienza marginale in termini di tempo anche se importantissima in termini di competenze.
La professione mi piace così tanto che a volte mi trovo a canticchiare andando al lavoro. Alle 6.30. Con la pioggia. In treno Interregionale 😉
2) Negli anni hai avuto ruoli e mansioni differenti, hai sviluppato un approccio tutto tuo e/o personale?
Ho imparato l’ importanza del lavoro di squadra, l’ approccio ai team secondo me deve essere propositivo e trascinante ma mai ingombrante.
Mi sforzo di portare avanti le mie idee e i miei metodi nel rispetto delle competenze e dei ruoli degli altri. Detta così sembra facile ma richiede molta attenzione e spesso in passato io stessa non sono stata capace di seguire questa mia filosofia: tipicamente sono molto invadente 🙂
3) Parlando di normative, per la maggior parte dei ragazzi noiose e poco apprezzate, per te invece quanto può essere determinante la conoscenza approfondita delle normative? In cosa l’ingegnere biomedico, in questo contesto, può fare la differenza?
Le normative possono sembrare un bizantinismo assurdo, in realtà però vanno sempre interpretate secondo due filoni: la tutela della sicurezza dei pazienti/utenti e la qualità minima dello stato dell’ arte. Da una parte le normative ci aiutano a non mettere in pericolo gli esseri umani che utilizzano i nostri apparecchi e dall’altro ci consentono di dare per scontati una serie di accorgimenti progettuali: sarebbe assurdo re-inventare la ruota ogni volta 🙂
Gli ingegneri biomedici non sono semplici tecnici esecutori, sono soprattutto progettisti che devono saper trovare soluzioni innovative all’ interno dei vincoli posti dalle norme.
4) Le aziende italiane negli ultimi trent’anni hanno cercato di cavalcare la tecnologia generando una grossa discrepanza tra l’innovazione tecnologica pura e la certificazione, indagine clinica e commercializzazione. Come possiamo aiutare il mondo industriale a colmare parte dei gap attraverso la nostra preparazione?
Il trasferimento tecnologico (il passaggio dalla scala laboratorio alla scala industriale) è un momento fondamentale della vita di un progetto. Un ingegnere biomedico dovrebbe essere anche un po’ meccanico, un po’ collaudatore, un po’ gestionale, un po’ statistico eccetera 🙂 e questa multi-disciplinarietà puo’ essere fondamentale in una piccola impresa.
5) Quali sono gli errori più grossolani nei quali ti sei imbattuta in questi anni? lato azienda/lato dipendente (se si può raccontare) e cosa potresti consigliare ai neolaureati oggi?
Errori lato azienda… lavorando con le startup mi è capitato spesso di vedere progetti di ricerca proseguire a balzi, con rallentamenti e iterazioni non ben pianificati. Molto spesso si trattava di impreparazione nella organizzazione e non di incompetenza tecnica. Purtroppo anche la scarsità di fondi, spesso porta a rallentamenti improvvisi anche in progetti molto meritevoli.
Errori lato dipendente… io di certo ne ho fatti molti nei primi anni di lavoro, quasi sempre la causa è stata non ascoltare chi aveva più esperienza di me sul prodotto o sul processo industriale.
Ho imparato a mie spese che un operatore esperto, anche con poca o nulla preparazione universitaria, ha SEMPRE qualcosa da insegnare al giovane ingegnere neolaureato.
Noi ingegneri dobbiamo avere la capacità di astrarre le informazioni che ci arrivano sotto forma di aneddoti o di esperienze raccontate e trasformarle in progetti strutturati.
6) Una buona scrittura ed un corretto utilizzo dei social, oggi, possono fare la differenza?
Il mondo dei social “di svago” non mi ha mai dato spunti per il lavoro, chissà in futuro! Invece uso molto FB per il volontariato, lo trovo uno strumento molto flessibile.
7) Come si concilia la vita da donna con la vita da Biomedica ?
Come tutti i consulenti freelance ho la fortuna di poter organizzare il mio tempo con moltissima flessibilità, questo di certo mi aiuta nella gestione dei figli e della famiglia. In generale la vita del genitore che lavora è più semplice se hai un partner che ti supporta: mio marito ed io siamo una squadra molto affiatata! Ma sempre stanchi morti comunque… 🙂 🙂
Il lavoro dell’ ingegnere dà a tutti, uomini e donne, la possibilità di essere giudicati sulla base dei risultati.
Credo che questo ci consenta di essere un gruppo di professionisti che sta velocemente superando la mentalità del passato, quella che vedeva le donne poco portate per le STEM. Spero che, sia i miei bimbi che la mia bimba, scelgano in futuro questa professione o altre professioni STEM.
8) Il biomedico del Futuro per te, come dovrebbe essere?
E’ indispensabile che gli ingegneri biomedici del futuro abbiano una fortissima preparazione clinica.
Ritengo importantissimo che in Italia ci venga riconosciuta l’ appartenenza alle professioni sanitarie in modo che tutti i biomedici possano accedere ai corsi ECM delle professioni sanitarie approfondendo la loro cultura clinica.
Un grazie infinito a te Alice, per la disponibilità, per la flessibilità, per l’entusiasmo. Buon lavoro da noi WWE!
Ditemi cosa ne pensate scrivendomi a info@wewomengineers.com 🙂
Alla prossima!
Manuela
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