25 Mar La tecnologia che sogna in grande: “Immagina…puoi?”
Con questo primo post parte la rubrica 3D Printing & Surroundings con cui entro ufficialmente nel mondo WWE: un’avventura a cui partecipo con grande piacere, perché credo che la condivisione, la voglia di fare e la passione siano pezzi di un motore unico che step by step condurrà noi Ingegneri Biomedici a riconoscerci come tali. Agli occhi di tutti!
Voglio cominciare con una rivisitazione di un’esclamazione di una celebre réclame televisiva degli anni passati, nel nostro caso sotto forma di una domanda che vorrei porre ad ognuno di voi:
Per rispondere, adesso, di immaginazione ce ne vuole, e pure tanta, ma sono sicura che alla fine del post qualcuno si troverà ad immaginare qualcosa…e magari a pensare di poterlo fare! 😉
Veniamo perciò al perché di questa rubrica. Oltre ad essere (da poco) un Ingegnere Biomedico, sono (da sempre) una sognatrice e quindi ho pensato di trascinarvi in un giovane micro-mondo (poi non tanto micro) dell’Ingegneria Biomedica e Bioingegneria, dove tutto ciò che può essere pensato e progettato, sembra poter essere realizzato. Come? Con la Stampa 3D! Ma perché proprio con questa tecnologia? Per spiegarvelo, proverò a partire dalle basi. Questo mi permetterà di condurvi gradualmente (e nei prossimi post) ad una visione della tecnologia di stampa 3D come uno degli strumenti più rivoluzionari a servizio della medicina moderna.
La stampa 3D è in primo luogo un processo produttivo industriale, più correttamente noto col nome di Additive Manufacturing, che utilizza tecniche anche molto diverse tra loro, ma che si basano principalmente sulla deposizione di strati successivi di materiale (layer) per realizzare un oggetto, seguendo le istruzioni di un modello digitale.
“La creatività è l’intelligenza che si diverte.”
(Albert Einstein)
Il punto di partenza di un processo di stampa 3D è infatti proprio la creazione del modello digitale (creato usando una varietà di programmi CAD). Il modello viene poi “affettato” in layer da programmi di slicing (particolari software CAM) ed infine convertito in un file leggibile dalla stampante. La parola stampa è quindi qui intesa nel senso di creare dove l’unico stampo non è altri che la creatività!
Ciò contrasta con quanto accade nelle tecniche di produzione tradizionale, anche note come Subtractive Manufacturing, in cui si procede per sottrazione da pieno tramite processi di lavorazione come fresatura, perforazione o tornitura. In queste, lo sviluppo di un prodotto è limitato da vincoli tecnici e produttivi stringenti, mentre invece la stampa 3D consente di sviluppare prodotti non più vincolati per la produzione dalla complessità progettuale, permettendo al progettista o al designer di liberare lo spirito creativo ed innovativo.
Un carinissimo esempio di questa separazione tra complessità di progettazione e complessità di produzione è la scultura Double Zarf realizzata dall’artista californiana Bathsheba Grossman.
L’artista, “esplorando i confini tra l’arte e la matematica”, trova la sua ispirazione. Di fatto, applica alle proprie sculture concetti matematici ed elementi di simmetria e bilanciamento. La scultura in questione (grande circa 10 cm, quindi, anche abbastanza piccola), presenta al suo interno delle forme estremamente complesse ed è stata realizzata in metallo tramite una stampante 3D.
Quello che voglio farvi notare è che forme complesse, come questa, non possono essere riprodotte con macchinari tradizionali, e qualora lo fossero richiederebbero da parte dell’artigiano elevatissime competenze di lavorazione del metallo.
Tuttavia, così come questo straordinario oggetto, tanti altri oggetti complessi, anche in diverso materiale, potrebbero essere creati pur senza avere competenze produttive o di lavorazione dello specifico materiale, solo grazie ad una stampante 3D adatta. Dunque, l’unica difficoltà nella creazione di un oggetto sembra risiedere interamente nello sviluppo del suo modello 3D. Ma è proprio così? In realtà, non mi sento di dare una risposta affermativa a riguardo, ma questo non significa che non si possa fare! Mi spiego meglio: le stampanti 3D sono comunque macchine complesse, ancora lontane dal poter essere considerate veri e propri dispositivi plug & play.
… armandosi di immaginazione, di un forte spirito pioneristico, di tanta voglia di fare e di sperimentare e, perché no, anche di una buona dose di pazienza, sono sicura che, come Bathsheba, anche noi potremo realizzare le nostre piccole “opere d’arte”, nel nostro campo ovviamente!
Quali sono e quali potrebbero essere, lo vedremo nei prossimi post, ma d’altronde il corpo umano è l’opera d’arte più grande, affascinante e complessa che esista. E noi, scegliendo di essere Ingegneri Biomedici, abbiamo automaticamente deciso di contribuirne, a nostro modo, al mantenimento ed alla scoperta continua.
A questo punto, vi saluto e ricordate:
“La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto”
(Albert Einstein)
Ipse dixit! 😉
Mayra Pirozzi
Fonti e approfondimenti:
- STAMPA 3d, http://www.autodesk.it/solutions/3d-printing
- La rivoluzione della Stampa 3D dalla prototipazione al consumatore finale: analisi delle prospettive di adozione, Bella Enrico. Disponibile online: http://dspace.unive.it/handle/10579/5231
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