16 Mar Microbioma di M. Musumeci
In chiave neuro scientifica, il Microbioma viene trattato seguendo una nuova disciplina introdotta con il termine di Psicobiotica. La Psicobiotica riassume il rapporto esistente tra cervello e ambiente microbiotico intestinale. Già da diverso tempo gli esperti del settore avevano studiato le relazioni esistenti tra la flora intestinale e la salute fisica e mentale.
Allo stato attuale siamo consapevoli che i microrganismi intestinali, possono produrre sostanze di natura benefiche per la salute. L’esempio che rende meglio l’idea è quello delle vitamine i neurotrasmettitori, che, arrivando fino al cervello, possono generare diversi sentimenti ed emozioni.
E’ quindi scientificamente dimostrato che lo stato del nostro intestino influenza il nostro umore e la nostra salute mentale. Ma la mente influenza anche il nostro intestino come per esempio episodi da colite da stress.
Ma sappiamo che i probiotici aiutano fortemente il benessere intestinale, infatti, diversi ricercatori hanno ipotizzato che potrebbero incidere positivamente anche sul nostro benessere emotivo. Un esempio saliente è che: una alterata composizione del microbioma intestinale potrebbe svolgere un ruolo nello sviluppo della depressione.
Quindi l’intestino si comporta come un enorme organo sensoriale, alimentando costantemente il cervello con le informazioni.
Ma in che modo il microbiota invia segnali al cervello? Ciò avviene attraverso i neurotrasmettitori: alcuni microbi sono in grado di produrre la maggior parte dei neurotrasmettitori cerebrali importanti, in particolare, sappiamo che il 90% della nostra serotonina è sintetizzata nell’intestino.
E’ proprio in base a queste considerazioni che è stato introdotto il termine di Psicobiotici, per indicare prodotti contenenti organismi vivi che potrebbero apportare un contributo alla cura dei pazienti con malattie psichiatriche se ingeriti in quantità adeguata.
Ad esempio, è stato scoperto che il Bifidobacterium longum ha una profonda attività anti-ansia, sembra migliorare le capacità cognitive nei topi, ridurre le risposte allo stress e migliorare la memoria.
In un articolo pubblicato sul “Trends in Neurosciences”, Philip Burnet, professore di psichiatria dell’Università di Oxford, nel Regno Unito, ha sostenuto che l’assunzione di probiotici è solo uno dei possibili approcci alla psicobiotica. “In realtà, puntiamo a un allargamento della definizione di questo termine per includere farmaci come antidepressivi e antipsicotici con effetti sui batteri intestinali”.
E’ stato infatti recentemente dimostrato che alcuni psicofarmaci determinano un aumento di varietà e numerosità della flora batterica intestinale, aprendo così la strada a nuove conoscenze circa i meccanismi di azione di tali medicinali.
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