11 Mar WeWomEngineers incontra l’Ingegnera Carolina Miozzi
Carolina Miozzi è un’ ingegnera biomedica di professione. Consegue la Laurea Magistrale in Ingegneria Medica nel 2017 presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Prosegue il suo percorso formativo con un Dottorato di Ricerca in Ingegneria Elettronica con un lavoro di tesi incentrato sullo sviluppo di un sistema di comunicazione transcutanea wireless per il controllo di protesi di mano robotica, tramite sensori EMG impiantabili, svolto in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologie e il Centro Protesi dell’INAIL. Le sue competenze principali includono la progettazione, la prototipazione e il test di sistemi di antenne wireless bio integrate, epidermiche ed impiantabili, per il monitoraggio intelligente della salute e il rilevamento dei parametri biofisici e dei bio-segnali. Durante il terzo anno di Dottorato inizia a lavorare in parallelo con una piccola azienda innovativa, spin-off dell’Università di Roma “Tor Vergata”, per la quale lavora a tempo pieno ancora oggi.
Di cosa si occupa attualmente?
Attualmente lavoro come ingegnere di sistema in un’azienda che offre soluzioni estremamente innovative nell’ambito dell’Internet of Things e della Digital Health. In particolare, siamo specializzati nella progettazione di sensori basati sulla tecnologia wireless passiva RFID (Radio-Frequency IDentification). In genere, i clienti ci cercano perché non esiste una soluzione commerciale adatta al loro problema e quindi… glielo risolviamo noi! Al mondo siamo in pochi specializzati in questo ambito tecnologico, per questo è facile arrivare alla nostra realtà: l’azienda per cui lavoro e di cui sento di far parte profondamente. Lo spin-off dell’Università di Roma “Tor Vergata” è nato nel 2013 con la visione avanguardistica che in un domani: “Tutto sarà interconnesso per generare Valore digitale”. Oggi siamo un’azienda che si autosostiene in maniera egregia grazie ad un Team con un’elevata competenza tecnica, pieno di determinazione, dedizione scientifica e solidità di gruppo. Adoro lavorare in una realtà piccola perché mi permette di mettere le “mani in pasta” nei progetti, da diversi punti di vista. È così che riesco a coglierne a pieno le potenzialità e a sentirmi realmente parte dell’alto contributo tecnologico che siamo in grado di offrire ai nostri clienti.
All’interno dell’azienda mi occupo principalmente di seguire i progetti di R&D, soprattutto in ambito biomedicale ma non solo. Generalmente svolgo il duplice ruolo di gestione dell’intero progetto, compresa l’interfaccia diretta con i clienti e la stesura dei documenti tecnici, e di esecuzione della parte tecnica, altamente specializzata, volta allo sviluppo dell’intera soluzione. I nostri progetti di R&D sono spesso molto “challenging” e hanno come obiettivo la dimostrazione della fattibilità di una soluzione tecnologica, quindi lo sviluppo del cosiddetto Proof of Concept (PoC). Il mio expertise, frutto di anni di studio e di un Dottorato di Ricerca conseguito nello stesso ambito tecnologico, mi permette di occuparmi sia della fase di simulazione numerica della soluzione sia della fase di prototipazione, sperimentazione e validazione dell’intero sistema. Spesso mi è capitato di andare oltre il PoC e seguire anche il processo di deposizione del brevetto, nonché di industrializzazione del dispositivo da me progettato. Non manca talvolta l’occasione di svolgere ruoli che vadano ben oltre la mia competenza tecnica, come attività di scouting e di marketing. Questo mi ha permesso di imparare tanto e crescere professionalmente in maniera costante e trasversale, concedendomi peraltro non poche soddisfazioni.
Da quali spunti è partita per arrivare all’attività di cui si occupa in questo momento?
Sicuramente il Dottorato di Ricerca è stato uno stimolo importante che mi ha permesso di appassionarmi alla materia e che ha fatto nascere in me il desiderio di continuare, con la medesima passione, nell’ambito della ricerca e sviluppo rivolta al mondo industriale.
L’amore per la conoscenza e l’apprendimento mi ha sempre accompagnata nella vita, fin dalla formazione scolastica, e le materie scientifiche ne sono state sicuramente la colonna portante. A questo proposito voglio raccontare un aneddoto: in prima media ero la peggiore della classe in matematica. L’amore si è costruito con il tempo a tal punto che al liceo svolgere gli esercizi di matematica, come di fisica e chimica, era diventato per me addirittura un passatempo rilassante.
Quali sono le caratteristiche e le peculiarità che un/una biomedic*dovrebbe avere oggi e per il futuro al fine di collaborare sempre più direttamente con le realtà biomedicali incluso il nostro SSN (sistema sanitario nazionale)?
Credo che per un ingegnere biomedico sia fondamentale, oggi e sempre di più nel futuro, imparare ad avere una stretta collaborazione con medici e pazienti, al fine di comprenderne le vere esigenze. Penso che l’innovazione in ambito sanitario possa avvenire solo tramite una stretta collaborazione tra le diverse discipline coinvolte. Per questo, mi sento di dire che una peculiarità del biomedico deve essere quella di avere un pensiero multidisciplinare, un’attitudine aperta alla collaborazione. D’altronde siamo il ponte di giunzione tra l’ingegneria e la medicina. Credo che quello dell’ingegnere biomedico sia davvero un ruolo di grande responsabilità nello scenario della rivoluzione (o trasformazione) digitale che stiamo vivendo, affinché questa volga verso un reale aiuto alla salute e al benessere degli individui.
Un brevissimo consiglio per i nostri ragazzi, anche attraverso il titolo di un libro, una canzone, un film…
Il mio relatore e mentore della tesi di Laurea Magistrale, nonché del Dottorato di Ricerca, mi condivise in un periodo di crisi professionale, una citazione da “La Valle dell’Eden” di John Steinbeck, per me molto importante ed illuminante:
“Nelle questioni umane che implicano pericoli e tatto, una conclusione soddisfacente è fortemente limitata dalla fretta. Chi va di corsa rischia di inciampare. Chi vuole mettere correttamente in pratica qualcosa di difficile e sottile, dovrebbe prima di tutto studiare il fine da raggiungere; appurato che si tratta di un obiettivo auspicabile, dovrà poi dimenticarlo e concentrarsi esclusivamente sui mezzi. Seguendo questo metodo non si è indotti in errore dall’ansia, dalla fretta o dal panico. Ma questo lo imparano in pochi”
Una pillola tecnica per chi apprende della sua professione per la prima volta da questa intervista
Un progetto di ricerca e sviluppo di un dispositivo innovativo si declina sempre in almeno due macro-fasi: una fase di simulazione numerica 3D con il calcolatore, che dovrebbe emulare il sistema reale ed ottimizzarne le prestazioni nello scenario di interesse, e una fase di test e verifica di tale sistema in condizioni reali. Tra il mondo delle simulazioni e la realtà c’é spesso un bel divario, in termini di prestazioni di un certo sistema. Ma ricordatevi che è il modello simulato che deve inseguire la realtà, non il viceversa, per questo si parla di “validazione” del modello simulato. La realtà non è mai sbagliata.
Un ringraziamento a Carolina Miozzi https://www.linkedin.com/in/carolina-miozzi-a8b691140/ per il suo splendido percorso condiviso e per voi che ci seguite, scriveteci alla info@wewomengineers.com e pubblicheremo la vostra storia!
TEAM WWE
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